domenica 15 novembre 2009
Meditazione sul crocefisso a Berlino
Da qualche giorno mi trovo a Berlino, dove rimarrò fino a fine anno. Mi sono trasferito in casa di un'amica che me l'ha gentilmente concessa per un paio di mesi a costo zero. Giusto le spese.
Il piccolo appartamento si trova al primo piano di un condominio piuttosto grande e, al prender possesso dell'abitazione, la prima cosa che faccio è aprire il mio laptop e vedere se riesco ad agganciarmi a qualche connessione. Ce ne sono diverse ma, niente da fare, sono tutte protette.
Per il primo giorno dovrò andare in qualche bar dotato di Wi-Fi, ordinare qualcosa e connettermi da lì. Mi vado anche ad informare in un negozio di telefonia ma non trovo opzioni fattibili. La mia permanenza è troppo breve per una connessione con Vodafone operativa da subito ma della durata minima di due anni. Con Alice invece -c'è anche quassù!-, è possibile rescindere il contratto in qualsiasi momento ma ci mettono almeno tre settimane per darti la linea.
Tornando a casa mi rendo conto che non mi rimane altra alternativa che chiedere la password a qualche vicino, spiegandogli il mio problema. D'altronde a Madrid, dove vivo, è un'usanza diffusa quella di condividere uno stesso router tra più appartamenti per risparmiare.
Al primo piano sotto di me c'è una porta tutta scalcinata con un tappetino sporco con su rappresentato una specie di teschio, o qualcosa del genere. Di sicuro ci vive qualcuno perché, accostando l'orecchio, posso sentire movimenti sospetti che si producono all'interno. Passo oltre.
Salendo le scale per andare verso la porta di casa mia, la prima sulla sinitra, mi trovo di fronte la porta del vicino, cui fino a quel momento avevo prestato poca attenzione. Non mi ero accorto che in alto era sormontata da un vistoso adesivo che reca la scritta: "Salve!" E il tappetino, pulito e colorato, mi dà addirittura il "Benvenuto!"
Apro la porta di casa, entro, tolgo giubbotto e sciarpa, pure le scarpe, infilo le Birkenstock, prendo il laptop ed esco di nuovo lasciandomi dietro la porta aperta. Suono al vicino.
Mi viene ad aprire un ragazzo ben pettinato che al vedermi rimane un attimo perplesso ma poi capisce che sono il vicino e si rilassa. Parla inglese. Gli spiego il mio problema. Posso captare diverse Wi-Fi e non so nemmeno se lui ne abbia una. Lui ammette di avere una connessione. Gli dico che ne ho bisogno per lavorare, sarebbe per un paio di mesi soltanto e, ovviamente, pagando. Il vicino -Philip si chiama -è molto gentile e dice: -All right! Mi sto già tirando su di morale quando Philip aggiunge che prima ci deve pensare e poi mi farà sapere. Va bene, faccio io. Grazie comunque. Let me know.
Passa un giorno e Philip non si fa sentire. Il pomeriggio del secondo giorno me lo incontro per caso uscendo dal portone del palazzo e preferisco non stressarlo. Il terzo giorno non mi ha dato ancora una risposta e allora la sera stessa torno a suonargli al campanello. Non risponde. Non sarà in casa? Provo ancora. Niente!
Mentre sono lì ad aspettare scende per le scale un ragazzo alto, dinoccolato, pallido in volto e sudaticcio. Mi lancia uno sguardo, ci salutiamo. Sta per andarsene quando a quel punto mi lancio io. Senti, gli dico, sono il nuovo vicino, dall'Italia. Dovrei rimanere solo un paio di mesi e ho il problema della connessione. Mi chiedevo se tu, o se sai di qualche altro vicino, cui potrei chiedere di condividerla con me.
Il ragazzo mi porta a casa sua, al piano di sotto. Non mi pulisco le scarpe sul tappetino col teschio prima di entrare per non sporcarle. All'interno comunque è abbastanza ordinato e decente. Tre schermi di computer s'affacciano dalla scrivania dove va a sedersi Mike -cosí si chiama -per copiarmi la password del suo router.
Io non so come ringraziarlo e mi offro di pagargli subito la metà almeno del primo mese o, comunque, che mi dica quanto vuole. Lui dice che non fa niente, di lasciar stare. Io insisto. No really, dice lui. Invece mi chiede se fumo, indicando una bustina d'erba sul tavolo. Faccio cenno di sí e finiamo col farci insiemae una bella canna di ottima marijuana.
Fumando, visto che continuo a insistere, arriviamo all'accordo ragionevole che io, ogni tanto, se voglio, posso dargli qualche spinello d'erba per contraccambiare l'uso della connessione. Affare fatto. Lascio Mike alla scrivania circondato dai monitor e torno di sopra. Al salire le scale mi trovo di fronte la porta di casa di Philip, con il colorato adesivo "Salve!" e il tappetino che dà il "Benvenuto!". Ed è qui che mi viene in mente il crocefisso.
Sarà certo perché se ne discute tanto in questi giorni in Italia. Se toglierlò o no dai luoghi pubblici. E cert'uni s'indignano per l'offesa che ciò arrecherebbe alla nostra tradizione. E cert'altri s'indignano ancora di più perché il crocefisso è simbolo di una sola religione e va contro la doverosa laicità dello Stato.
Mi chiedo se ci sia proprio tanto bisogno di esibirlo questo crocefisso, cosí come Philip doveva dare del Salve! e del Benveuto! a tutti quanti per poi neppure degnarsi di darmi una risposta. Allo stesso modo, quelli che tanto si scaldano perché il crocefisso rimanga appeso lì dov'è, non sarebbe meglio se lo tirassero giù dalle pareti, magari conservandolo intorno al collo e vicino al cuore, e si limitassero col essere cristiani davvero?
(immagine: Dalí)
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