mercoledì 4 marzo 2009

Dov'è finito l'antiproibizionismo?



Vi dirò, innanzitutto è una questioe di principio. Principio liberale. Thomas Jefferson diceva che lo Stato deve intervenire con la legge soltanto qual'ora un cittadino procuri un danno fisico, o patrimoniale, a un altro cittadino. Al di fuori dei due casi, lo Stato deve tenersi in disparte. Altrimenti opera uno sconfinamento che va a discapito della libertà dell'individuo. La pelle è la sola frontiera che non possiamo valicare; il corpo l'unico paese da cui non ci è concesso esilio. Esso è assoluta giurisidizione del singolo. Valga per le droghe come per l'eutanasia.

Poi è una questione di qualità. Di qualità ed educazione. La qualità delle sostanze che utilizziamo; l'educazione a un corretto uso delle stesse -siano esse droghe o farmaci.

Da ultimo, ma non meno importante: è una legge dell'economia. Se la società (a grandi numeri) richiede una merce, decretarne l'illegalità non è nient'altro che promuovere il fiorire di strutture criminali organizzate che sopperiscono al deficit di offerta della stessa. Che si traduce in: prezzi più alti, qualità scadente, educazione nulla. La battaglia alle mafie non si può condurre sul solo piano giudiziario-repressivo. Non basta neppure la sensibilizzazione e coinvolgimento dell'opinione pubblica. Bisogna strozzarle a livello economico. Dopo la legge sul congelo dei beni, cessarono i sequestri di persona in Sardegna. Mentre in una logica proibizionista (senz'altro inefficace sul piano educativo), riuscissimo pure a disarticolare una struttra criminale dedita al traffico di droga, subito ne sorgerebbe un'altra, a rilevarne il ruolo, e sopperire alla richiesta della società. Questa è la legge dell'economia: legge della domanda e dell'offerta. E da lì non si scappa.

Il proibizionismo in America è finito non perché un giorno i dottori hanno scoperto che il vino non faceva poi cosí male (anzi usato con moderazione poteva addirittura essere salutare), ma quando è arrivata la depressione economica. Non c'erano più i soldi per mantenere tutto l'apparato repressivo dello Stato, mentre invece le mafie muovevano capitali sempre più ingenti e le diverse fazioni si sparavano per le strade di Chicago.

Trieste è vicina.

3 commenti:

  1. Ma siamo certi che con la legalizzazione e la mercificazione statalizzata delle sostanze, come della prostituzione, scompaia anche il problema dell'alienazione sociale dei soggetti che si fanno e vanno a..? Dai giri che ho fatto in Olanda mi è parso di no..

    TiGiuroVecchio!

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  2. @ 1: quali sarebbero i parametri per definire qualcuno socialmente alienato?

    non credo che un obiettivo realistico (nemmeno per l'illuminata olanda) sia quello di far scomparire l'alienazione umana, così tristemente diffusa, a prescindere.

    Del resto,conosco un sacco di puritani non consumatori (ma forse affetti da altre dipendenze), alcuni dei quali si occupano, a tempo pieno, di creare alienazione sociale...

    condivido in pieno il contenuto del post, anche perchè sulla normativa vigente ci sarebbe molto da dire (si è arrivati addirittura ad equiparare sostanze di tabelle diverse e a legittimare misure alternative alla detenzione con finti dipendenti a carico del sistema), soprattutto nella prospettiva special-preventiva (combattere le mafie dedite al grande traffico): basta leggere alcune sentenze della cassazione sulla coltivazione per uso personale e pensare a cos'altro avrebbe potuto promuovere un governo di sinistra (alla destra, è noto, piace di più la cocaina...)
    ciao
    Ramon

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  3. ciao ramon, grazie per il tuo commento

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